S. E. Mons. Rino Fisichella: L'emergenza educativa |
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martedì 25 novembre 2008 | ||||||||
E’ stato necessario un trasferimento “d’urgenza” in Cattedrale per contenere la folla confluita giovedì scorso a Palazzo Antaldi per la Lectio magistralis di S.E. Mons. Rino Fisichella, invitato a parlare sull’”emergenza educativa” dall’ISSR dell’Arcidiocesi di Pesaro. Un evento e una testimonianza anche per gli ignari passanti, incuriositi da quella fiumana di gente riversatasi all’improvviso nelle vie del centro.
Un emozionato prof. Paolo Boni ha introdotto il “suo” Rettore (l’Istituto dipende dalla Pontificia Università Lateranense), mentre S.E Piero Coccia ha espresso sentimenti di “antica amicizia e grandissima stima” per l’illustre ospite. Tra gli innumerevoli spunti emersi dalla relazione, uno è stato offerto da una suggestiva immagine di Kierkegaard. La fede, scriveva il filosofo, non coincide “con lo starsene seduti tranquilli sulla nave durante il bel tempo”, ma “con il mantenere la nave in efficienza e conservare l’entusiasmo quando vi è una falla nello scafo”. Nessuno può negare, ha commentato mons. Fisichella, che oggi questa “falla”si è aperta e sta coinvolgendo “ogni organismo che si prefigga scopi educativi” (Benedetto XVI). La famiglia innanzitutto. Si è imposta l’idea che la famiglia “tradizionale” sia ormai superata e debba necessariamente far posto ad un modello “alternativo”, più adeguato ai tempi. Non è vero. Non esiste una famiglia (erroneamente definita) “tradizionale”; e il “nuovo” modello, con i figli spesso costretti a dividere la settimana in case differenti per corrispondere ai bisogni dei genitori separati, non può essere un bene per la loro educazione e per il loro futuro. Anche la scuola, che dovrebbe essere alleata dei genitori nel dare fondamento e spessore culturale alle certezze di cui un giovane ha bisogno, soffre del relativismo dominante e svolge il suo ruolo in maniera settoriale. Non si è ancora attuata quella “circolarità formativa” che è necessaria ai giovani per acquisire una visione unitaria di sé e della realtà. Neppure le comunità ecclesiali sono immuni da questa generalizzata crisi educativa: spesso “mancano del vigore necessario per provocare alla sequela, sanno di ovvietà e fanno apparire Gesù più come un reperto archeologico che come il Figlio di Dio, risposta vera al mistero della vita”. E’ purtroppo più che mai attuale la sottile ironia con cui Tertulliano rimproverava le comunità del II secolo: ”Gesù affermava di essere la verità, non la consuetudine!”. E tuttavia, continuava Kierkegaard, “starsene seduti aspettando che il pericolo passi non è mai stato proprio dei cristiani”. Da sempre (vedi la prima scuola fondata da Giustino nel 150), di generazione in generazione, da persona a persona, uomini e donne hanno tramandato la fede, senza stancarsi, convinti che la fatica di educare meriti in ogni caso di essere vissuta: “quanto possiamo ammirare nelle Cattedrali, nei mosaici antichi e medievali, negli affreschi moderni non è altro che un unico catechismo teso a far comprendere il mistero della nostra fede, incarnata nella storia degli uomini”. Oggi perciò non ci troviamo costretti ad iniziare dal nulla. Abbiamo una tradizione a cui rifarci per superare lo stato di frammentarietà che caratterizza il presente. E’ necessario ritornare ad essere propositivi, a non aver paura di offrire certezze definitive su cui costruire l’esistenza: “educare al senso della verità, a fare delle scelte che permangono per tutta la vita non è un insulto alla libertà, ma un monumento ad essa”. Se la nostra presenza apparirà ingombrante e ci sarà impossibile parlare ai giovani di Cristo, parliamo a Cristo dei giovani! Ciò che conta è che le certezze siano proposte da persone credibili, che le vivono in prima persona. Paolo VI amava dire: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri e, se ascolta i maestri, lo fa perché sono testimoni”. L’educazione vive dunque di contenuti e di testimonianza. Ed anche di accompagnamento. “Soprattutto oggi che la solitudine è condizione diffusa, ha detto il Papa, diventa decisiva la compagnia della fede e dell’amore, che fa crescere la consapevolezza di essere compresi e accolti”. Chi sarà capace di questo compito? Di fronte alla forza delle pressioni esterne la nostra debolezza sembra ingigantirsi. Ma non è così. “Che si possa essere accecati dal sole e tuttavia continuare ugualmente a combattere e riportare la vittoria” scriveva lo stesso Kierkegaard “lo hanno dimostrato i Romani nella battaglia di Zama”: essi non furono impauriti dagli elefanti cartaginesi; anzi, con il frastuono dei corni li misero in fuga e li sconfissero. Allo stesso modo la Chiesa. Non ha la forza degli elefanti, ma possiede la carta vincente: Cristo, la “via” della verità e dell’amore e, quindi, dell’autentica libertà, meta ultima dell’educazione. Paola Campanini Ufficio Comunicazioni Sociali, Cultura e Stampa Via Rossini, 62 61100 Pesaro Tel. 0721 30043 Fax 0721 32422 E-mail: Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo
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