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dscn0427.jpgLa Caritas Ancona – Osimo, l’associazione Ss. Annunziata onlus e altre realtà del volontariato locale impegnate in favore dell’immigrazione, dei diritti e dell’accoglienza, promuovono negli Ospedali cittadini (ospedali Riuniti di Ancona – Torrette e Ospedale materno-infantile Salesi) la campagna “Io non ti denuncio”, invitando medici, infermieri e personale sanitario a portare sul camice un distintivo, con la scritta “Io non ti denuncio” rivolta agli stranieri irregolari, che si rivolgono a loro per essere curati.
L'iniziativa è stata presentata in una conferenza stampa Martedì 24 Marzo 2009, presso il Centro Caritativo "Giovanni Paolo II" di via Podesti, ad Ancona. Tra gli interventi, quello di Don Flavio Ricci, direttore Caritas della Diocesi di Ancona – Osimo e Carlo Niccoli, medico (in pensione) volontario, dell’associazione Ss. Annunziata. Molte altre associazioni, presenti alla conferenza, hanno aderito. 
 
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In foto: da sinistra, Diego Cardinali (Associazione Tenda di Abramo onlus), Don Flavio Ricci e Carlo Niccoli
 
Nei prossimi giorni dunque, il personale medico sanitario dei due ospedali riceverà le spillette (circa 3500), di colore rosso con la scritta bianca, accompagnate da una lettera della Caritas diocesana, in cui si spiegano le ragioni dell’iniziativa, invitando ad aderirvi.
Parallelamente prenderà il via una campagna affissioni sul territorio comunale di Ancona (60 manifesti stradali e un centinaio all’interno degli ospedali), con due diversi manifesti: uno, per informare e sensibilizzare la cittadinanza, contenente le motivazioni della contrarietà al provvedimento in discussione in Parlamento e la rete delle associazioni aderenti all’iniziativa; l’altro, più semplice e sintetico, destinato principalmente agli immigrati e per questo tradotto in diverse lingue, che invita gli stranieri a rivolgersi con fiducia al personale sanitario che indossa la spilletta.
 
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La campagna è stata ispirata dall’approvazione al Senato, nell’ambito del ddl 733 sulla sicurezza, della soppressione del divieto di segnalazione all’autorità degli stranieri irregolari; esso, infatti, dà ai medici la possibilità e, se la clandestinità verrà riconosciuta come reato, impone addirittura l’obbligo, di denunciare i loro pazienti.
Il provvedimento è incostituzionale, poiché produce una lesione del diritto alla salute tutelato dall’art. 32 della Costituzione ed è contro i principi della Deontologia medica che impongono di curare ogni individuo senza alcuna discriminazione, mantenendo il segreto professionale.
La norma spingerà all’invisibilità una fetta della popolazione straniera che perderà così ogni tutela sanitaria; incentiverà la nascita di percorsi sanitari  al di fuori dei controlli della sanità pubblica , creerà condizioni di salute particolarmente gravi, poiché gli stranieri non accederanno ai servizi se non in situazioni di urgenza indifferibile e si ripercuoterà sulla salute collettiva con il rischio di diffusione di eventuali focolai di malattie trasmissibili. Poiché, poi, il ddl non risparmia neanche i minori, l’effetto sarà di avere anche bambini “invisibili”, fatti nascere clandestinamente fuori dagli ospedali, privati di scuola ed assistenza sanitaria, vaccinazioni comprese.

Aderiscono: Migrantes, Servizio per la Pastorale Giovanile, Tenda di Abramo, Senza Confini, Liberato Zambia, LIMFC, ANVOLT, Emergency Ancona,  SS. Annunziata
 
 
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Di seguito riportiamo i manifesti della campagna affissioni (fare click sulle immagini per ingradire) ed alcuni documenti Caritas su sanità e sul ddl approvato al Senato.


Sull’obbligo del medico di denuncia del clandestino

La questione nasce con la approvazione nella Seduta del Senato del 5 febbraio 2009 del DDL 733 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” e dell’emendamento 39.306 che sopprime il comma 5 dell’articolo 35.
Questo comma recita: “L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme di soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano” .
C’è chi sostiene che , qualora questa cancellazione fosse approvata anche alla Camera, il medico sarebbe semplicemente reso libero di segnalare o meno all’autorità lo straniero non in regola e chi invece afferma che il medico sarebbe obbligato a denunciare il clandestino.

Da che parte è la verità?

Chi sono i medici… dal punto di vista legislativo
Diciamo innanzi tutto che, agli effetti della legge penale, i medici non sono tutti uguali, nel senso che alcuni di essi sono liberi professionisti e quindi  “esercenti una professione sanitaria”, come può essere un farmacista, un veterinario, una ostetrica, ecc. , mentre altri, quelli che lavorano per la pubblica amministrazione, sono, a seconda delle funzioni che ricoprono, Pubblici Ufficiali o Incaricati di Pubblico Servizio. Ad esempio, Pubblico Ufficiale è il Medico di Guardia al Pronto Soccorso, il Direttore Sanitario di un Ospedale, il Primario di un reparto; Incaricato di pubblico servizio  è un medico che fa ambulatorio per il S.S.N. .
Art. 357 c.p.: “ agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione e del suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”. In pratica, il Pubblico Ufficiale rappresenta l’ente pubblico.
L’Art. 358 c.p. dispone che: “ sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi una attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza di poteri tipici di quest’ultima e con l’esclusione dello svolgimento di semplici mansioni d’ordine e della prestazione di opera meramente materiale”. Secondo la dottrina prevalente, quindi, per incaricato di pubblico servizio dovrebbe intendersi un soggetto che, pur svolgendo una attività pertinente allo Stato o ad un altro Ente Pubblico, non è dotato dei poteri tipici del pubblico ufficiale e, d’altra parte, non svolge funzioni meramente materiali.


L’informativa sanitaria all’autorità: il Referto, il Rapporto e gli obblighi collegati

Diversa è la modalità con cui si svolge la informativa sanitaria all’autorità nel caso in cui il medico sia semplicemente “esercente una professione sanitaria” o sia “pubblico ufficiale” o “incaricato di pubblico servizio”; nel primo caso essa avviene attraverso un atto chiamato il Referto, nel secondo attraverso un atto denominato  Rapporto all’autorità.
Il Referto è l’atto mediante il quale ogni esercente una professione sanitaria rende noti all’autorità giudiziaria competente i casi in cui ha prestato la propria assistenza od opera, che presentino le caratteristiche di delitti perseguibili d’ufficio e ciò anche quando l’autore sia una persona non imputabile. Sono esclusi pertanto i casi nei quali si procede a querela della persona offesa .
Delitti perseguibili d’ufficio.: 1) Delitti contro la vita (artt.575, 584, 585 c.p.), art.579, art.586, art.580, art.578 c.p.; 2) Delitti contro la incolumità individuale (art. 582); 3) Delitti contro la incolumità pubblica; 4) Delitti sessuali; 5) Delitti di aborto; 6) Delitti di manomissione di cadavere; 7) Delitti contro la libertà individuale; 8) Delitti contro la famiglia.

L’obbligo del referto viene meno quando la sua presentazione esporrebbe la persona assistita a procedimento penale (art.365 c.p.); tale esonero sussiste solo nei confronti della persona assistita e il sanitario che non si avvale di questa disposizione, cagionando un danno ingiusto al proprio assistito, può essere responsabile di violazione del segreto professionale.
Art. 365 c.p. Omissione di referto
“Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possano presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’Autorità indicata ai sensi dell’art.361 è punito con la multa fino a un milione. Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale.”
In pratica, accade che il Codice Penale preveda che, essendo l’attore del Referto un esercente professione sanitaria, ciò imponga l’obbligo di rispetto dei doveri deontologici di tutela e salvaguardia dell’assistito, prima ancora di quello dell’espletamento dei doveri giuridici.
Altra causa di esenzione si ha se il medico omette il referto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave ed inevitabile nocumento nella libertà e nell’onore (art. 384 c.p.).

Il Rapporto all’autorità è la denuncia da parte di medici che rivestono, anche temporaneamente, la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, quando abbiano notizia di un delitto o di una contravvenzione perseguibile d’ufficio nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del servizio (art.361 e 362 c.p.). Tale denuncia è obbligatoria (artt. 331, 361 e 362 c.p.) e la sua omissione può configurare i reati di omissione di denuncia di reato (artt. 361 e 362 c.p.) e di favoreggiamento (art.378 c.p.).
Art.361 c.p. Omessa denuncia di un reato da parte di un pubblico ufficiale.
Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all’Autorità giudiziaria, o ad un’altra autorità che a quella abbia l’obbligo di riferire, un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da lire sessantamila a un milione.
La pena è della reclusione fino a un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto.
Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di un delitto punibile a querela della persona offesa.
Art.362 c.p. Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio.
L’incaricato di un pubblico servizio che omette o ritarda di denunciare all’Autorità indicata nell’articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del suo servizio, è punito con una multa fino a lire duecentomila.
Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela della persona offesa.
Diversamente dal referto, poi, non vi è alcuna esimente, per cui la denuncia deve essere in ogni caso presentata.
A nulla vale far appello al principio del segreto professionale previsto dall’art.10 del Codice deontologico che disciplina la professione medica. Se, infatti, è dato pacifico che il medico debba mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o di cui venga a conoscenza nell’esercizio della professione, la stessa disposizione precisa che tale dovere di segretezza viene meno di fronte ad un obbligo di denuncia cui il medico sia tenuto.
Art. 10 Codice Deontologico (2006) – Segreto professionale
… La rivelazione è ammessa ove motivata da una giusta causa, rappresentata dall’adempimento di un obbligo previsto dalla legge (denuncia e referto all’autorità giudiziaria, denunce sanitarie, notifiche di malattie infettive, certificazioni obbligatorie) ovvero quanto previsto dai successivi articoli 11 e 12.

…Per non denunciare il clandestino il medico potrebbe appellarsi all’art.3 del proprio Codice Deontologico, ma sarebbe in conflitto con la Legge, che gli impone la denuncia.
 Art. 3 - Doveri del medico -
Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace come in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera.
La salute è intesa nell'accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona .
Ricapitolando
Nel caso quindi in cui la clandestinità venga configurata come reato, il medico libero professionista, in quanto semplice “esercente una professione sanitaria” non potrà denunciare lo straniero irregolare presente in Italia, sia secondo la legge che secondo il codice deontologico, mentre il medico pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, in pratica quello che lavora negli Ospedali o negli ambulatori del S.S.N., sarà obbligato a farlo.
 
 
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Abolizione del divieto di segnalazione alle autorità degli immigrati irregolari che accedono alle strutture sanitarie

(ovvero la soppressione del comma 5 art. 35 ddl 733 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”)

Premesso che non saranno riferiti nomi di partiti o di parlamentari, ma eventualmente solo le loro dichiarazioni, proprio perché la Caritas non intende entrare nel merito strettamente politico (se vorrete potrete trovare ogni preciso riferimento nel materiale allegato), la questione nasce con la approvazione nella Seduta del Senato del 5 febbraio 2009 del DDL 733 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” e dell’emendamento 39.306 che sopprime il comma 5 dell’articolo 35.
Questo comma recita:  “L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme di soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano” .
Qualora l’emendamento dovesse passare anche alla Camera (ed è bene sapere e far sapere, poiché già viene notata una riduzione della presentazione di migranti agli ospedali ed agli ambulatori, che il provvedimento non è stato ancora discusso a Montecitorio e non è quindi attualmente operante), estremamente gravi sarebbero le conseguenze sulla salute sia degli immigrati che degli italiani.

Considerazioni preliminari e posizioni autorevoli

Prima ancora di esaminare nel dettaglio queste conseguenze, è opportuno fare alcune considerazioni preliminari.
1) Esistono nel provvedimento profili di incostituzionalità.
Secondo il Prof.Paolo Caretti, docente di Diritto Costituzionale alla Università di Firenze
“… questa norma, una volta entrata in vigore, avrà come conseguenza che stranieri che sono sul territorio nazionale clandestinamente, pur avendo diritto all’assistenza sanitaria essenziale non vi ricorreranno per l’ovvia ragione che potrebbero incontrare un medico che li denuncerà come clandestini. E in questo caso quindi è evidente come si tratti di una norma che produce una lesione del diritto alla salute… L’articolo 32 della Costituzione stabilisce che la salute è un diritto fondamentale dell’individuo, indipendentemente dalla sua condizione di clandestino. E in parte anche con l’articolo 3, anche se è un profilo molto vicino a quello che dicevo prima. E’ chiaro che quando ci si trova di fronte alla tutela di diritti fondamentali come quello alla salute ovviamente non possono entrare in gioco elementi discriminanti che giocano sulla dignità personale o sulle condizioni personali e sociali delle persone, a prescindere dal fatto che si tratti di clandestini o meno”.
L’Unione delle Camere Penali Italiane, così si esprime in un suo comunicato del 5 febbraio:
“Gli emendamenti al disegno di legge sulla sicurezza approvati in queste ultime ore danno la misura di una concezione aberrante dello strumento penale, ancora una volta concepito ed utilizzato, anche a costo di incorrere in palesi censure di incostituzionalità, quale strumento di captazione di facile consenso. … Facoltizzare il medico a denunciare lo stato di clandestinità del proprio assistito significa violare uno dei principi deontologici fondanti la professione sanitaria e rappresenta un vero e proprio attentato al diritto alla salute costituzionalmente garantito.
Si tratta di interventi che, così come altri già inseriti nel disegno di legge sulla sicurezza dei cittadini, danno la misura delle profonda inciviltà giuridica che anima il nostro attuale legislatore ed impongono una ferma protesta ed opposizione nel segno del rispetto della Costituzione.”

Infine, l’ipotesi di affidare alla libera scelta del personale sanitario (e vedremo comunque che questa libera scelta non esiste) se procedere o meno alla segnalazione dello straniero, appare priva di significato, poiché ciò, in contrasto con il principio della certezza della norma, lascerebbe al mero arbitrio dei singoli l’applicazione di principi normativi di portata fondamentale.
2) “La procedura di segnalazione è in netto contrasto con i principi della deontologia medica, espressi in particolare dal Giuramento professionale a dall’articolo 3 del Codice deontologico* che impongono al medico di curare ogni individuo senza discriminazioni legate all’etnia, alla religione, al genere, all’ideologia, di mantenere il segreto professionale e di seguire le leggi quando non siano in contrasto con gli scopi della professione”. Così si è espresso il 21 febbraio il Consiglio Nazionale degli Ordini dei Medici che ha anche affermato che i medici che segnalano gli immigrati irregolari potranno essere sanzionati dagli ordini professionali di appartenenza per aver violato il Codice Deontologico. Giancarlo Pizza, Presidente dell’ Ordine dei Medici di Bologna ha annunciato la sospensione dei medici che denunceranno i clandestini.
(*Art. 3 - Doveri del medico: -
Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace come in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. La salute è intesa nell'accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona .)
3) Va chiaramente affermato che , quando viene sostenuto che al medico sarà lasciata libertà di scelta se denunciare o meno, ciò non è veritiero, in quanto nello stesso ddl n.733 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” all’art. 21 si aggiunge una nuova fattispecie che considera reato la clandestinità, vale a dire l’ingresso ed il soggiorno illegale nel territorio dello Stato.
Gli operatori che operano in una struttura sanitaria pubblica o privata convenzionata assumono la veste di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio ai sensi degli artt. 357 e 358 c.p.; da ciò deriva, ai sensi degli artt. 361 e 362, un vero e proprio obbligo e non una mera facoltà di denuncia del clandestino, trattandosi di un reato di cui essi sono venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni o servizi, denuncia la cui omissione o ritardo comporta una sanzione penale.
A nulla vale, infatti, fare appello al principio del segreto professionale previsto dall’art.10 del Codice deontologico che disciplina la professione medica.
Se infatti è dato pacifico che il medico debba mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o di cui venga a conoscenza nell’esercizio della sua professione, la stessa disposizione precisa che tale dovere di segretezza viene meno di fronte ad un obbligo di denuncia cui il medico sia tenuto (E. Antonelli, A. Porfido).

Questa situazione, del resto, è ben presente ai fautori della nuova legge; basta leggerne le dichiarazioni:
: …”Innanzi tutto, l’emendamento 39.306 deve essere interpretato come un atto dovuto. Infatti, visto che stiamo discutendo dell’introduzione del reato di clandestinità, nel momento in cui un individuo, a maggior ragione se pubblico ufficiale, viene a conoscenza dell’esistenza di un reato, ha l’obbligo, non professionale, ma civile e civico di segnalare il reato all’autorità giudiziaria.
Mi rivolgo al Senatore B… per sottolineare che non è logico avere l’imbarazzo – noi non ne abbiamo alcuno – del rischio di ledere alcuni diritti dell’uomo o dell’individuo” (Dal resoconto stenografico della seduta del Senato del 5 febbraio 2009).


4) Altra considerazione non veritiera è che, con la nuova normativa, sarà finalmente possibile da parte del medico denunciare i clandestini che, avendo compiuto un reato, a lui si rivolgano per essere curati. Per rendersene conto basta leggere il comma 5 dell’articolo 35 che si vorrebbe cancellare:
”L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme di soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano” . Quindi, già da adesso è tranquillamente prevista la denuncia all’autorità.

5) Il massimo della ipocrisia viene tuttavia raggiunto da chi afferma che la nuova normativa non impedisce al’immigrato irregolare di accedere al Servizio Sanitario Nazionale ed essere regolarmente curato. Quale sarà mai il clandestino che si presenterà in Ospedale, sapendo di essere presto espulso? In Ospedale si recherà solo chi è in condizioni di malattia estremamente avanzate.


Le conseguenze dell’eventuale approvazione

Le conseguenze della eventuale approvazione anche alla Camera dell’emendamento 39.306 che prevede la soppressione del comma 5 dell’art. 35 sono ben descritte nell’Appello di Medici senza Frontiere (MSF), Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) e Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM):
“Riteniamo inutile e dannoso il provvedimento perché:
- spingerà verso l’invisibilità una fetta di popolazione straniera che in tal modo sfuggirà ad ogni tutela sanitaria;
- incentiverà la nascita e la diffusione di percorsi sanitari ed organizzazioni sanitarie parallele al di fuori dei sistemi di controllo e di verifica della sanità pubblica (rischio di aborti clandestini, gravidanze non tutelate, minori non assistiti,…);
- creerà condizioni di salute particolarmente gravi poiché gli stranieri non accederanno ai servizi se non in situazioni di urgenza indifferibile;
- avrà ripercussione sulla salute collettiva con il rischio di diffusione di eventuali focolai di malattie trasmissibili a causa dei ritardi negli interventi e la probabile irreperibilità dei destinatari di interventi di prevenzione;
- produrrà un significativo aumento dei costi in quanto comunque le prestazioni di pronto soccorso dovranno essere garantite e, in ragione dei mancati interventi precedenti di terapia e profilassi, le condizioni di arrivo presso tali strutture saranno significativamente più gravi e necessiteranno di interventi più complessi e prolungati;
- spingerà molti operatori ad una “obiezione di coscienza” per il primato di scelte etiche e deontologiche.”
Poiché, poi, il ddl 733 non fa alcuna distinzione neanche per i bambini e gli adolescenti, i Pediatri Italiani sottolineano che:
“L’effetto di questo decreto sarà che si avranno in Italia migliaia di neonati e bambini “invisibili”, a rischio di essere fatti nascere clandestinamente fuori dagli ospedali, di essere tolti dalla scuola e privati di assistenza sanitaria (vaccinazioni comprese, ovviamente). Ma “invisibili” non significa inesistenti e, cosa ancor più grave, le conseguenze negative dell’applicazione di questo decreto sarebbero percepibili non immediatamente, rendendo ancora più difficile ed oneroso correre ai ripari.”
 
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