San Paolino, uomo di pace
Festa di San Paolino, patrono principale della città e della diocesi di Senigallia
Senigallia - Il Vescovo Giuseppe Orlandoni all’omelia
nella festa del Patrono di Senigallia ha detto:
“La comunità civile e la comunità cristiana
possono e debbono trovare un terreno
di proficua e stretta collaborazione”.
1. A raccoglierci oggi nella nostra Cattedrale è la festa di San Paolino, patrono principale della città e della diocesi di Senigallia. Oggi la Città e la Chiesa senigalliese si incontrano, non solo nelle loro più alte espressioni istituzionali, ma testimoniano anche il comune impegno, nella distinzione dei ruoli, volto alla realizzazione del bene comune. La Chiesa sa che solo rendendo testimonianza al Risorto nella partecipazione alla vita quotidiana e alle vicende della comunità degli uomini realizza la sua ragione di essere.
Nello stesso tempo da una Chiesa che vive il Vangelo la Città può ricevere grande aiuto a realizzare in pienezza quei valori che la fanno essere vera “città a misura d’uomo”, fermento di fratellanza e di solidarietà e ponte di relazioni pacifiche e unificanti.
2. Nella liturgia di questa domenica il brano del Vangelo, tratto dal cap.24 di Luca, narra ancora una volta i fatti del giorno della risurrezione di Gesù. Gli undici apostoli erano riuniti nel cenacolo; vivevano ancora nascosti in seguito alla morte di Gesù, timorosi di essere riconosciuti dalle autorità di Gerusalemme come seguaci del Nazareno. Ed ecco all’improvviso viene Gesù, il Risorto, e le prime parole che pronuncia sono: Pace a voi! Non si tratta solo di un saluto e di un augurio, ma anche di un dono. Il Figlio di Dio è risuscitato dai morti per dare alla Chiesa e all’umanità il dono della pace. La pace è la sintesi del messaggio di Gesù ed è il frutto della Pasqua.
La Pasqua inaugura una vita nuova e la pace, già presente nel Risorto, trova terreno fertile nei cuori che sono disponibili ad un rinnovamento profondo di vita […].
3. Celebrando la festa del Patrono San Paolino, oggi noi volgiamo lo sguardo a questa fulgida figura di Santo, vissuto tra il IV e il V secolo. […] Se guardiamo ai ruoli pubblici che Paolino ha svolto nella sua vita, e cioè ai ruoli svolti nella comunità politica e nella comunità ecclesiale, come uomo politico e come pastore della Chiesa, non facciamo difficoltà a constatare che egli è stato soprattutto un uomo di pace, un testimone e un costruttore di quella pace che il Risorto è venuto a portarci.
Come amministratore della res publica, non ha usato le armi della violenza, ma quelle della giustizia e dell’amore. Quando si ritirò dai suoi incarichi politici, egli stesso ebbe a dichiarare di non aver mai macchiato la toga e la spada. Come uomo di Chiesa ha continuato a coltivare e sviluppare rapporti di amicizia con tutti.
Un’amicizia che non si limita ad un nobile sentimento umano, ma travalica la natura umana e si fa carità, partecipazione all’amore di Cristo. Un’amicizia che crea unità, comunione, condivisione delle gioie e dei dolori, aiuto concreto spirituale e materiale. Sacerdote, monaco e vescovo: la preoccupazione di Paolino è stata quella di far convergere tutti verso l’unità, la concordia, l’armonia, rivolgendo e sollecitando una particolare attenzione agli ultimi, ai più bisognosi ed emarginati. Realizzare la comunione, tendere all’unità: è così che è possibile assaporare la pace donata da Cristo.
4. Alla luce della parola di Dio e della testimonianza di San Paolino, anche noi, turbati da tante guerre e conflitti che tuttora sconvolgono il mondo, ma anche consapevoli di quelle guerre più nascoste, più intime, meno visibili, sebbene non meno violente e micidiali, che talora si registrano nella vita quotidiana (vita familiare, di quartiere o di città intere), percepiamo con intensità l’urgenza della pace […].
Anche a livello di istituzioni, tra coloro che vi operano, va costruita la pace: questo è possibile se si crea un clima non di sospetto o di perenne conflitto, ma di fiducia, di collaborazione, di confronto leale; il bene della città esige che non prevalgano logiche individualistiche, interessi particolari, conflitti ciechi e fine a se stessi. Bisogna restare aperti alla possibilità di un dialogo con tutti, salvaguardando, nella convivenza, quella dignità della persona che è iscritta nel nostro “dna” di uomini......
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