Globalizzazione al plurale
Incontro con il professor Ronald Dore
San Rocco- Senigallia - Non è certo un compito facile, quello di parlare in modo chiaro di problemi economici ad una platea composta in prevalenza da non addetti ai lavori. E il tema scelto, “globalizzazione dei mercati e stati nazionali”, nonostante si parli a vario titolo di globalizzazione, non è tra i più “commerciali”. Ma il professor Ronald Dore, nell’incontro svoltosi a San Rocco lo scorso 2 maggio, ha dimostrato di essere abituato a queste fatiche. Dore, professore al mitico istituto MIT di Boston, già professore ad Harvard, alla London School of Economics ed esperto di fama internazionale, è da diversi anni in rapporti di amicizia e di stima con il professor Giovanni Mandolini.
“È ormai un dato acquisito quello dell’integrazione dell’economia italiana in quella europea – ha spiegato Mandolini nella sua introduzione – ma questo processo di integrazione va avanti anche a livello più ampio, e cioè su scala globale”. “La globalizzazione non è un fenomeno nuovo” ha esordito Dore, citando addirittura un brano del Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels, che si riferisce all’interdipendenza crescente fra le nazioni non solo per quanto riguarda la produzione materiale ma anche quella intellettuale. “Se dunque esistevano legami di interdipendenza già nel 1848, quali sono i cambiamenti che hanno determinato ciò che noi oggi propriamente definiamo globalizzazione?”. Dore non ha dubbi in proposito: “ la globalizzazione è il risultato dell’enorme progresso delle tecnologie nel campo dei trasporti e delle comunicazioni”.
E cita, ad esempio, la vicenda del prezzo del grano. Quando le possibilità di comunicare erano ridotte, esistevano diversi prezzi in giro per il mondo, che si formavano per così dire autonomamente. Ma con l’avvento delle tecnologie informatiche soprattutto esiste un solo prezzo, sensibile naturalmente di oscillazioni, ma è come se si formasse in un'unica piazza di scambio grande quanto il mondo. La stessa sorte tocca ad altre materie, al petrolio e così via. “Le grandi imprese multinazionali sono poi in grado di manipolare i prezzi delle transazioni. Spostano ingenti capitali dove le tasse sono basse, e costringono in questo modo gli Stati a restringere la spesa pubblica”. Uno scenario, quello dipinto da Dore, in cui il ruolo della politica nei confronti dell’economia è senz’altro di subordinazione.
“Tuttavia – sottolinea ancora il professore – come non esiste un solo modello di capitalismo così non esiste un solo modello di globalizzazione”. Come a dire che neanche il mondo descritto dalle formule degli economisti risulta, alla fine, tanto omogeneo. E tornano alla mente le tesi di un sociologo francese, Edgar Morin, sulla complessità come concetto chiave per la comprensione della realtà. “La nostra epoca – sostiene Morin – è testimone della scoperta fondamentale dell’incertezza connaturata a tutte le azioni umane”. Incertezza, dinamicità, diversità e pluralità non mancheranno perciò di riservare sorprese soprattutto a tutti coloro che credono alla possibilità di un controllo totale, cosa per altro niente affatto auspicabile, sulle idee e sulle scelte delle persone.
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