ALLA SCOPERTA DEL CRISTIANO D’ORIENTE
ALLA SCOPERTA DEL VOLTO CRISTIANO D’ORIENTE. UN CICLO DI SEMINARI SULL’ORTODOSSIA PRESSO L’ISSR "ITALO MANCINI".
Urbino (PU) - Fra le molte iniziative di carattere scientifico e di ricerca che l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Italo Mancini” promuove collateralmente all’attività didattica, sicuramente una delle più rilevanti è rappresentata dal ciclo di seminari di studio che ogni anno ha come tema le religioni non-cristiane o le confessioni cristiane non-cattoliche. Il ciclo di seminari di quest’anno, che si è aperto il 20 aprile e concluso il 18 maggio scorsi sotto la coordinazione del prof. Piergiorgio Grassi, è stato dedicato al “volto cristiano d’Oriente”, e ha voluto rappresentare un’occasione sia per approfondire la conoscenza delle chiese e della teologia ortodosse, sia per avviare una riflessione sulle difficoltà ma anche sulle chances del dialogo ecumenico apertosi fra le chiese cristiane del terzo millennio.
Il ciclo di seminari si è articolato in tre momenti che hanno visto la partecipazione di importanti studiosi, a vario titolo, della spiritualità, della teologia e della cultura ortodosse. Il primo incontro, che ha avuto come ispirato relatore il saggista Elia Citterio, ha ripercorso la genesi storica e il significato teologico della Filocalia, cioè di quella raccolta di scritti ascetici e mistici di autori, fra gli altri, come Evagrio Pontico e Gregorio di Palamás, che, pubblicata nel 1782, ha esercitato un influsso decisivo sulla spiritualità e sulla cultura russe, così come sul mondo ortodosso moderno. Il secondo incontro, affidato al prof. Basilio Petrà della Facoltà teologica dell’Italia Centrale, ha invece affrontato il tema più ampio e complesso dell’“autocoscienza ortodossa”.
Con questa espressione ci si è riferiti, in particolar modo, a quegli elementi teologici che individuano l’identità delle chiese orientali soprattutto in rapporto a quella cattolica e che sono costituiti dall’osservanza del retaggio dottrinale dei primi sette concili ecumenici (la “Chiesa dei Padri”), dall’importanza attribuita alla liturgia come luogo vivente della fede e, più in generale, dal significato fondamentale che per gli ortodossi riveste l’esperienza spirituale rispetto a quella astrattamente intellettuale. Il terzo incontro, infine, condotto dal Prof. Giuseppe Ghini dell’Università di Urbino, ha offerto una puntuale ricostruzione del rapporto fra Chiesa e Stato nella storia russa tesa, in particolare, a ripercorrere le tappe del lento decadimento della distinzione tra sfera temporale e sfera spirituale.
Quest’ultima, ancora affermata nei secoli successivi alla conversione della Russia al cristianesimo (988) per mezzo della dottrina della “sinfonia” fra i due tipi di potere, è stata progressivamente accantonata nella storia moderna della Russia, fino al punto di dar luogo ad un’acquiescenza nei confronti del potere politico da parte della chiesa che ha spesso finito per svilirne il ruolo sociale e per incrinarne l’unità interna.
Il quadro concettuale che è emerso da questi incontri ha indubbiamente messo in rilievo la distanza che separa la coscienza teologica ortodossa da quella occidentale, distanza dovuta, in gran parte, al fatto che la prima è rimasta sostanzialmente immune da quel processo di riflessività critica avviato in Occidente nell’epoca moderna che ha promosso la storicizzazione della coscienza religiosa e che ha trovato rilevanti applicazioni sul terreno politico-sociale.
E tuttavia, proprio il carattere dichiaratamente “ingenuo” della coscienza teologica ortodossa può forse costituire uno stimolo utile al superamento delle profonde tensioni generate in Occidente dal pensiero moderno, spingendo a ritrovare in modo più deciso quelle fonti comuni della tradizione cristiana che alimentano un’esperienza di fede ancor oggi separata sotto il profilo ecclesiale.
Andrea Aguti
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