Impegno sociale e caritativo della Chies
Brani dall’intervento del Vescovo di Senigallia, mons. Giuseppe Orlandoni al Convegno Regionale su: “La comunità cristiana e le politiche sociali” che si è tenuto in Ancona il 9 novembre scorso
- 1. (…) In quanto prolungamento di Cristo nella storia, la Chiesa è chiamata ad imitare l’atteggiamento di Gesù, che è passato per le strade della Palestina “beneficando e sanando quanti erano sotto il potere del diavolo” (At 10,38). Da queste considerazioni si comprende allora che la Chiesa non è semplicemente un’agenzia umanitaria; non è una istituzione investita di un compito prettamente filantropico, non è una specie di “Croce rossa” della storia. Il suo compito essenziale non consiste nel sostenere “servizi sociali”, quasi a dover fare da garanzia di fronte all’inefficienza dello stato sociale. La sua missione è l’evangelizzazione, che però di sua natura comprende anche l’esercizio della carità. L’assistenza che essa è in grado di offrire si comprende solo dentro il contesto della missione evangelizzante.
3. (…) Quando parliamo di ‘poveri’ usiamo questo termine nella sua accezione più ampia, includendo sia le antiche che le nuove povertà. Tra le antiche povertà, intese in senso propriamente economico, si annoverano le persone e le famiglie che hanno un reddito minimo, insufficiente a soddisfare i fondamentali bisogni, i disoccupati, coloro che sono senza casa, i nomadi, i vagabondi e gli zingari…
Nel nostro territorio si incontrano anche “nuove” povertà. Si tratta di carenze e bisogni di tipo umano e interpersonale, che producono solitudine, sfruttamento, schiavitù, emarginazione. Pensiamo all’isolamento affettivo e fisico degli anziani, delle persone portatrici di handicaps fisici o psichici, dei tossicodipendenti abbandonati a se stessi, dei minori in situazione di disagio, dei detenuti od ex detenuti, degli immigrati stranieri in posizione giuridica irregolare.
Pensiamo alle donne che attraverso la tratta sono rese schiave della prostituzione, ai minori che subiscono abusi e violenza, a tutti coloro che non trovano cittadinanza nelle nostre comunità.
La Chiesa sente il dovere di promuovere e sostenere una formazione specifica per i credenti che, a vario titolo, operano nella società civile e nelle istituzioni pubbliche, perché possano tradurre il messaggio cristiano nella costruzione del bene comune, sostenuti da una continua tensione morale. Allo stesso tempo la Chiesa incoraggia e stimola alcune specifiche scelte di servizio, quali il volontariato, il servizio civile, la famiglia aperta e solidale. (…)
4. Nel rapporto con lo Stato, con gli enti pubblici e con gli altri soggetti, persone singole o comunità più piccole, la dottrina sociale della Chiesa ritiene di fondamentale importanza il principio di sussidiarietà.
Questo principio tende a stabilire un ordine di competenze nella partecipazione responsabile delle persone, delle comunità, delle istituzioni alla vita sociale; è un principio che riconosce la priorità delle persone rispetto alle formazioni sociali e la precedenza della società rispetto allo Stato (…). Il principio in parola prevede da una parte la piena responsabilizzazione dei cittadini nella costruzione della società e dall’altra una funzione di coordinamento da parte dello Stato e del potere politico affinché le azioni dei cittadini siano orientate al bene comune (…).
5. In questa luce vorrei sottolineare l’importanza che hanno per l’edificazione della città dell’uomo i servizi e le iniziative promossi dalla Chiesa.
Non si tratta di mera supplenza di provvisorie carenze dello Stato né tanto meno di concorrenza nei suoi confronti, ma di espressione originale e creativa della fecondità dell’amore cristiano (cf Giovanni Paolo II, Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini, 1985). (…).
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