Un proverbio berbero dice: “Mentre noi cominciamo a muovere il primo passo verso Dio, Egli ci sta già correndo incontro”. Mi piace riferirlo al mistero del Natale quando la corsa di Dio verso l’uomo finisce con un abbraccio: quel Dio sempre cercato e atteso, sempre desiderato e immaginato, sempre invocato, ha mostrato agli uomini il suo volto e il suo cuore in Gesù di Nazareth. Le braccia di Dio sono finite tra le braccia dell’uomo e continuano a stringersi.
Dio è con noi. Dio è diventato uno di noi.
L’uomo non è più solo. E’ amato. Ma anche provocato: è “costretto” a sua volta ad amare. Ogni altro uomo è suo fratello. Paul Claudel scriveva “Quando avrai Dio nel cuore possederai l’Ospite che non ti darà più risposo” perché lasciarsi abbracciare da Lui ci porta ad una passione grande per l’umanità e a fare giustizia di tutti gli egoismi: abbassando le montagne dell’orgoglio; colmando le valli della pochezza e della povertà; portando pace dove regna la violenza; componendo in armonia i continenti; disarmando le razze facendo della fede non un motivo di contesa e di lotta ma lo scopo di ogni vita e di ogni storia. Per questo abbiamo ancora bisogno di segni che ci aprono a questa prospettiva di universalità.
I segni del Natale evocano in tutto il grande annuncio: Dio si è fatto uomo per ogni uomo, senza distinzioni. E’ venuto per tutti. Lui è l’uomo universale. Buon Natale mia Chiesa che sei in Fermo. E’ Gesù Cristo all’origine di questo augurio. In Lui e con Lui tutto diventa più facile: soprattutto la vita: Si gusta, si apprezza, si condivide. In Lui siate felici. Dinanzi a Lui stupite e raccontate a tutti che in una lontana notte di 2006 anni fa è nato nella città di Betlemme l’Atteso da sempre. Venite e adoriamo.