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Martedì 6 Novembre 2007 - Il saluto di mons. Giuliodori al Convegno su don Milani

"La scuola della parola"

Porgo il mio più cordiale saluto al Rettore dell’Università di Macerata Prof. Roberto Sani, al Preside e della Facoltà di Scienze della Formazione Prof. Michele Corsi, agli organizzatori, agli illustri relatori e a tutti i partecipanti al Convegno Internazionale su “Don Lorenzo Milani e la scuola della parola. Analisi storica e prospettive pedagogiche”.
Questo convegno che cade a 40 anni dalla morte di Don Lorenzo Milani (26 giugno 1967) e a 60 dalla sua ordinazione sacerdotale (13 luglio 1947), ripropone l’attualità di una figura emblematica e rappresentativa del secondo dopoguerra italiano. Il valore permanente dell’esperienza e della testimonianza di Don Milani è comprovato dalla vivacità del dibattito su quelle che oserei chiamare le sue “proposte e provocazioni educative”, della cui portata destabilizzante egli era ben consapevole. Il 14 luglio del 1954, infatti, scriveva alla sua mamma: “Io ho la superba convinzione che le cariche di esplosivo che ci ho ammonticchiato in questi cinque anni non smetteranno di scoppiettare per almeno cinquant’anni sotto il sedere dei miei vincitori”. Il tempo trascorso ci permette di leggere e valutare tali “esperienze esplosive” con maggiore serenità e obiettività. Ma il passar degli anni non ne ha in nulla scalfito l’attualità e la capacità di suscitare analisi e dibattiti.
Come sacerdote ed educatore Don Milani è stato al centro di polemiche e di confronti, a volte anche aspri, ma la sua figura e la sua opera hanno contribuito in modo certamente significativo ad approfondire tanti aspetti sia della missione della Chiesa che viveva l’esaltante stagione conciliare sia delle problematiche che emergevano in una società in pieno sviluppo, ma anche segnata da forti contrasti sociali e politici. Non si tratta tanto di riabilitare o di piegare Don Milani su l’una o l’altra posizione culturale, sociale, politica, ma di coglierne serenamente e onestamente l’avvincente e sofferto contributo dato alla ricerca di un autentico approccio pedagogico. 
Mi sembra indicativo il fatto che la stessa rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica, dalle cui pagine uscirono pesanti giudizi censori nel 1958 (P. Angelo Perego, numero del 20 settembre), abbia affidato, in un numero recente (Cfr La Civiltà Cattolica, quaderno 3775, IV [6 ottobre 2007] 33-45), alla penna esperta e sapiente di P. Piersandro Vanzan, il compito di focalizzare il vero nucleo e lo spirito ispiratore della vita e dell’opera di Don Milani. L’attualità del suo messaggio risiede nel fatto di aver posto al centro della sua riflessione e della sua azione il valore e la dignità della persona umana da accogliere e valorizzare secondo le sue capacità offrendo a tutti, senza discriminazioni e pregiudizi, la possibilità di sviluppare le proprie qualità e di acquisire competenze utili per bene personale e sociale.
In tutte le situazioni e nella varie controversie che il sacerdote si è trovato ad affrontare non ha mai derogato alla necessità di porre al centro la dignità e il bene della persona. Bene che viene garantito in modo primario e sommo dalla libertà di educazione, dall’accesso alle risorse formative, dal riconoscimento sociale del ruolo centrale di un sistema scolastico ben articolato. Questa preoccupazione che ha portato Don Milani ad assumere posizioni scomode e a fare scelte forti e controcorrente, non solo conserva la sua attualità, ma appare oggi ancor più viva e ancora lontana dall’aver trovato risposte soddisfacenti.
Viviamo un tempo in cui la sfida educativa emerge come il vero nodo della nostra società alle prese con una transizione sociale e culturale assai complessa e non priva di numerose criticità. Tutte le agenzie educative manifestano disagi e difficoltà crescenti a partire dalla famiglia passando per la scuola senza che restino estranee a questa fatica anche la Chiesa e le altre realtà che si misurano con l’impegno educativo. Mai come oggi la società ha avuto a disposizione gli strumenti per realizzare progetti ampi e qualificati sul piano educativo eppure mai come in questo tempo avvertiamo i rischi di processi educativi frammentati, esposti al fenomeno diffuso delle reciproche deleghe che finiscono per alimentare insicurezze e mancanza di punti di riferimento univoci, immersi in un sistema sociale che genera sempre nuovi canali di comunicazione che mettono in crisi i processi tradizionali di trasmissione dei valori e del sapere. In questo contesto la pedagogia della parola, “antropocentrica e integrale”, se così possiamo definirla, adottata da Don Milani riemerge con tutta la sua valenza di attualità e, in questo senso, di profezia.
Non a caso e neppure per una impropria enfatizzazione, oggi si parla da più parti di “emergenza educativa”. Anche il Santo Padre è più volte ritornato su questo tema, in particolare in occasione di un importante discorso tenuto in giugno alla diocesi di Roma proprio sulla questione educativa. “Oggi, ogni opera di educazione sembra diventare sempre più ardua e precaria - afferma il Santo padre -. Si parla perciò di una grande "emergenza educativa", della crescente difficoltà che s’incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori-base dell’esistenza e di un retto comportamento, difficoltà che coinvolge sia la scuola sia la famiglia e si può dire ogni altro organismo che si prefigga scopi educativi. Possiamo aggiungere che si tratta di un’emergenza inevitabile: in una società e in una cultura che troppo spesso fanno del relativismo il proprio credo - il relativismo è diventato una sorta di dogma -, in una simile società viene a mancare la luce della verità, anzi si considera pericoloso parlare di verità, lo si considera "autoritario", e si finisce per dubitare della bontà della vita – è bene essere uomo? è bene vivere? - e della validità dei rapporti e degli impegni che costituiscono la vita. Come sarebbe possibile, allora, proporre ai più giovani e trasmettere di generazione in generazione qualcosa di valido e di certo, delle regole di vita, un autentico significato e convincenti obiettivi per l’umana esistenza, sia come persone sia come comunità? Perciò l’educazione tende ampiamente a ridursi alla trasmissione di determinate abilità, o capacità di fare, mentre si cerca di appagare il desiderio di felicità delle nuove generazioni colmandole di oggetti di consumo e di gratificazioni effimere. Così sia i genitori sia gli insegnanti sono facilmente tentati di abdicare ai propri compiti educativi e di non comprendere nemmeno più quale sia il loro ruolo, o meglio la missione ad essi affidata. Ma proprio così non offriamo ai giovani, alle nuove generazioni, quanto è nostro compito trasmettere loro. Noi siamo debitori nei loro confronti anche dei veri valori che danno fondamento alla vita. Ma questa situazione evidentemente non soddisfa, non può soddisfare, perché lascia da parte lo scopo essenziale dell’educazione, che è la formazione della persona per renderla capace di vivere in pienezza e di dare il proprio contributo al bene della comunità. Cresce perciò, da più parti, la domanda di un’educazione autentica e la riscoperta del bisogno di educatori che siano davvero tali. Lo chiedono i genitori, preoccupati e spesso angosciati per il futuro dei propri figli, lo chiedono tanti insegnanti che vivono la triste esperienza del degrado delle loro scuole, lo chiede la società nel suo complesso, in Italia come in molte altre nazioni, perché vede messe in dubbio dalla crisi dell’educazione le basi stesse della convivenza.” (BENEDETTO XVI, Discorso al Convegno della Diocesi di Roma, 11 giugno 2007).
In questo contesto il presente Convegno assume la valenza di un confronto serio con la passione educativa di Don Lorenzo Milani per il quale “il Maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama e spera”. Il Priore di Barbiana ha ancora molto da dire anche ai nostri giorni e il suo approccio educativo può essere illuminante per un adeguato discernimento delle scelte da fare per uscire dall’emergenza educativa. Don Milani in questo senso continua da essere scomodo per tutti e ci spinge a scelte coraggiose sulla line della piena assunzione di responsabilità da parte di tutti e di ciascuno, famiglia, in primo luogo, società civile, organizzazione dello Stato, garantendo quella libertà di educazione, anche a livello scolastico di cui lo stesso Don Milani si era fatto paladino come chiaramente affermato nella famosa lettera del 9 marzo 1961 in cui denunciava l’intollerabile situazione di discriminazione nei confronti delle scuole non statali che svolgono un preziosissimo servizio pubblico e invitava tutti a porre al centro il vero bene della persona a cui è doveroso offrire un adeguato e qualificato accompagnamento educativo. Purtroppo anche su questo Don Milani appare straordinariamente attuale e inascoltato.
Don Milani voleva portare il Vangelo nella vita delle persone e si è accorto che per farlo occorreva dare gli strumenti linguistici e culturali necessari, soprattutto ai più poveri di conoscenze. Ed è così che per portare la cultura del Vangelo si è fatto strumento efficacissimo del vangelo della cultura, senza della quale non c’è dignità, giustizia e sviluppo. Per portare la Parola, con al P maiuscola, quella che salva, si è fatto maestro delle parole umane. Che queste sue parole continuino a risuonare nel nostro cuore e nella nostra mente, procurandoci una sana inquietudine.
Auguro a tutti buon lavoro.

Per ulteriori informazioni sul Convegno internazionale:
http://www.unimc.it/eventi/Raccoglitore_2007/071106Milani.pdf


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