La valigia del bambino straniero
Bambini, c’è chi si perde nel bosco/Il primo incontro
Senigallia - Lo psichiatra Paolo Crepet e Paolo Marconi, dell’Associazione “Cittadinanza attiva” di Terni raccontano esperienze di bambini stranieri che hanno molto da insegnare a chi vuole accogliere davvero.
Dalla valigia del bambino straniero che arriva nelle nostre case escono messaggi di semplicità, di essenzialità, di meraviglia, ormai dimenticati dalla nostra società opulenta e consumista! Un bambino bielorusso di appena 8 anni, portato in una nostra pasticceria, alla vista di tante leccornie e prelibatezze scappa e piange, incapace di colmare l’abisso tra la povertà dell’istituto in cui vive e l’abbondanza di quel luogo. Piange pensando ai suoi compagni che sono rimasti in Bielorussia e non ha il coraggio neppure di contemplare quel cibo “da sogno”.
Un semplice giocattolo regalato in famiglia ad un bambino di Gomel di 10 anni resta solo un giorno in quella casa, perché viene passato ad un compagno ospite di un’altra famiglia e alla fine della vacanza ha fatto il giro di tutti i bambini.
Questi alcuni degli aneddoti raccontati da Pietro Paolo Marconi, di Terni, da anni impegnato nella difesa dei diritti dei bambini di Cernobyl, protagonista con Paolo Crepet dell’incontro pubblico “La valigia del bambino straniero”, organizzato dalle Associazioni di Volontariato “Un Tetto” e “Il Seme”, in collaborazione con il Centro Servizi Volontariato.
Ospitare un bambino straniero in famiglia, secondo Marconi, soprattutto se proviene da un istituto o da una situazione di degrado familiare e sociale, non vuol dire accoglierlo come un figlio, ed assumere con lui atteggiamenti di genitori; tutt’altro, il rapporto che nascerà dovrà essere di amicizia, di condivisione, di solidarietà, e mai di figliolanza.
Fondamentale invece è far vivere a questi piccoli la “normale” realtà familiare, fargli conoscere le dinamiche di affetto, di sostegno reciproco, di sana conflittualità, che caratterizzano la vita di ogni nucleo familiare. La valigia del bambino straniero giunta colma di insegnamenti preziosi, ripartirà piena di esperienze positive, di rapporti di amicizia, di condivisione, doni incorruttibili, regali che renderanno ricca per sempre la vita del bambino, nonostante ritorni in un ambiente povero.
Al contrario riempire la sua valigia di regali, a volte anche estremamente preziosi, accentua ancor di più il dislivello materiale tra la nostra società e la loro, ed inoltre crea seri problemi al bambino nel reinserimento nel suo ambiente.
Paolo Crepet, partendo proprio da queste ultime affermazioni di Marconi sull’esperienza familiare, si è soffermato ad analizzare l’attuale condizione della famiglia nella nostra società.
Per poter offrire un’esperienza positiva ai piccoli ospiti è necessaria un’autovalutazione come famiglie, perché la regola del “così fan tutti” non è certamente la migliore. Secondo quali canoni, allora, definiamo una famiglia “normale”?
In particolare Crepet ha preso in esame la funzione educativa dei genitori, il rapporto con i figli spesso basato su norme dai contorni indefiniti che indeboliscono i giovani, rendendoli incapaci di affrontare la realtà. Egli ritiene però che le nuove coppie, i giovani genitori, oggi sono, rispetto alla precedente generazione, molto più consapevoli del loro ruolo, e questo grazie soprattutto alla scoperta della funzione paterna all’interno della famiglia.
Grazie a questa nuova sensibilità si va diffondendo nella nostra cultura una nuova attenzione verso i bambini; non più oggetti su cui scaricare le nostre attese, non più bambini da “addomesticare”, per essere messi in mostra, ma persone da rispettare, da ascoltare, da scoprire giorno per giorno, da amare nelle loro imperfezioni, nelle loro debolezze, senza aspettarsi risultati immediati, che diano lustro al nostro essere genitori.
“Bambini: c’è chi si perde nel bosco”, il titolo del ciclo di quattro conferenze che si svolgeranno entro aprile, ci rimanda all’immagine del bosco, del luogo misterioso, a volte pericoloso, dove si può inciampare e cadere. Non possiamo abbattere tutti i boschi, perché il bosco è vitale, è il luogo dove il bambino impara a vivere, ad affrontare ogni tipo di difficoltà. L’importante è che nessuno si perda, l’importante è che ogni bambino abbia accanto un adulto pronto ad allungare la mano e offrire aiuto.
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